La rivoluzione del nostro tempo, Manifesto per un nuovo socialismo by Paolo Ciofi

La rivoluzione del nostro tempo, Manifesto per un nuovo socialismo by Paolo Ciofi

autore:Paolo Ciofi [Ciofi, Paolo]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Politica, marxismo, socialismo
editore: Ed. Riuniti
pubblicato: 2018-05-21T22:00:00+00:00


4. I guasti di un capitalismo querulo e predone

Con lo scioglimento del Pci sono stati cancellati i presupposti della lotta per la trasformazione della società in Italia: l’idea stessa della trasformabilità del sistema verso una civiltà più avanzata; l’organizzazione in partito della classe lavoratrice e la rappresentanza dei ceti subalterni; l’acquisizione della Costituzione come progetto rivolto all’affermazione per via democratica di un nuovo socialismo, diverso da ogni modello esistente. Da allora la dualità lavoro-capitale di fatto è scomparsa dal sistema politico. E con essa sono scomparsi i lavoratori e le lavoratrici come soggetto politico autonomo. Rimangono in vita i sindacati, sempre più sospinti nel perimetro corporativo e aziendalista come strumenti tecnici per il governo della forza-lavoro.

Si diffonde in pari tempo l’idea che non ha senso la divisione della società in classi in un mondo nel quale il lavoro umano viene sostituito dai robot e dall’intelligenza artificiale. Di conseguenza viene meno anche la politica come mezzo di liberazione e di conquista di più elevati livelli di uguaglianza e di libertà. La proprietà privata, il convitato di pietra su cui l’intero edificio si regge, scompare da ogni osservazione e controllo, e non è chiaro su quali principi si possano ordinare l’economia e la società. Risulta però chiaro che la tecnica regnerebbe sovrana e finirebbe per regolare allo stesso modo le relazioni degli esseri umani e quelle degli operatori artificiali creati dagli esseri umani. Il risultato complessivo sarebbe la disumanizzazione definitiva dei rapporti sociali.

Resta il fatto che in questa fase storica il capitale è diventato completamente padrone del campo. Sia perché la sinistra riformista è approdata in quel campo rinunciando a organizzare e rappresentare il lavoro, sia perché sull’altro fronte la sinistra alternativista, pur dichiarandosi (con qualche pausa) rappresentante della classe lavoratrice, non è stata in grado di svolgere quella funzione, soprattutto a causa di insufficienze culturali e politiche che l’hanno relegata in un prolungato isolamento rissoso e inconcludente. Dunque, il capitale padrone del campo nelle sue varie declinazioni politiche di destra e di sinistra. Un padrone, però, che nell’insieme ha dato pessima prova di sé.

Al riguardo, il capitalismo italiano si è dimostrato un vero campione confermando le sue incancellabili impronte storiche. Debole con i forti e forte con i deboli, querulo e predone, cresciuto all’ombra dello Stato nella nuova stagione della globalizzazione ha accumulato proprietà, rendite e profitti spolpando lo Stato e impoverendo la società. La vera novità degli anni seguenti al crollo del muro di Berlino e alla cancellazione in Italia dell’organizzazione politica del lavoro non consiste nell’accresciuto sostegno, pur assai rilevante, della mano pubblica alle grandi imprese e ai gruppi monopolistici privati attraverso incentivi ed elargizioni a fondo perduto, bensì nella privatizzazione generalizzata dell’economia, la più vasta in Europa, che ha cambiato i connotati della società italiana.

Invece di eliminare storture e clientelismi presenti nelle imprese pubbliche e a partecipazione statale, peraltro portate allora ad esempio nel mondo e costruite dai lavoratori italiani non solo perché vi prestavano l’opera ma perché le avevano finanziate con le loro tasche, si è proceduto



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